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martedì 27 febbraio 2018

Qual è la vera Ducati?



Quali sono i requisiti per definire che una moto è una Ducati? Sono i cavalli? I pezzi pregiati o piuttosto un telaio a traliccio piuttosto che una frizione a secco? Forse c'è qualcosa in più

Spesso sento dire che la Panigale non è una vera Ducati perchè non ha il traliccio e la frizione a secco, oppure che non lo è la V4 perchè ha addirittura 2 cilindri di troppo. Molto spesso, forse anche troppo, le persone e gli stessi ducatisti hanno dei preconcetti sbagliati su cosa sia o non sia una vera Ducati. Fondamentalmente non esiste un elemento distintivo nella storia Ducati che non sia stato sostituito. 

La particolarità più longeva è da attribuirsi alla distribuzione Desmodromica apparsa nel 1956 su una 125 da Gran Premio a cui fa seguito nel 1968 su una moto di serie (Mark 3 Desmo 250 e 350). Ma solo nel 1974 il Desmo farà la sua comparsa su una bicilindrica di serie: la SS 750 Desmo, da molti considerata la più bella moto di tutti i tempi. Tutte le altre caratteristiche distintive che molti attribuiscono a Ducati sono semplicemente dettate dai gusti personali o dal periodo storico in cui si sono affacciati la prima volta al mondo Ducati. 

A Borgo Panigale non si sono mai fossilizzati su caratteristiche tecniche per partito preso, hanno sempre evoluto i loro prodotti alla ricerca della massima espressione tecnologica possibile, restando fedeli per molti anni al bicilindrico essendo l'architettura da loro più conosciuta. Traliccio, frizione a secco, scarichi sotto "codino", sono solamente degli elementi utilizzati in un determinato periodo dell'azienda, ma non per questo una Ducati che li possiede è più Ducati di un'altra e viceversa. 

Molti prendono in considerazione la storia della Ducati dagli anni '90, quando fece la sua comparsa la 916 e si vincevano campionati Superbike a ripetizione, come se prima non fosse esistita. Ma stranamente la prima Rossa a vincere un mondiale SBK non aveva gli scarichi sotto la sella, ma molti fanno finta di non saperlo per poter esporre la loro teoria. Dal Cucciolo in avanti, a Borgo Panigale sono state prodotte tutte le tipologie di moto e anche qualche scooter. 

Inutile affermare che una cruiser non può considerarsi una Ducati o che uno scooter moderno non possa essere consono al marchio. Se negli anni la Ducati è riuscita ad uscire dalla nicchia ristrettissima in cui era finita è grazie all'ampliamento della gamma e se non è fallita è grazie ad un modello di moto naked diventata una vera e propria icona del marchio: il Monster. 

Quindi affermare che Ducati è solamente un marchio di moto sportive, cioè superbike o sportive stradali, è sbagliato. In ogni Ducati è intrinso un DNA sportivo, ma non tutte le Ducati sono necessariamente race replica con semimanubri. Personalmente adoro il bicilindrico a due valvole raffreddato ad aria di grossa cilindrata, con la frizione a secco e il telaio a traliccio, ma non per questo considero meno Ducati un'altra moto prodotta a Bologna. Fatevene una ragione: se esce da Borgo Panigale è una Ducati, che piaccia o meno...i tempi cambiano e bisogna evolversi per non scomparire.

Luca Moncalieri - Ducatista Integralista 

domenica 25 febbraio 2018

WSBK Gara2 Phillip Island - La Pagella di PGreco

Melandri
Voto: 10&lode
La prima parte di gara non lo vede protagonista per colpa della partenza dall’ottava casella dello schieramento. Piano piano rimonta e si riporta al quarto posto prima del cambio gomme obbligatorio.
Quando esce dai Box si ritrova secondo dietro al suo compagno di squadra ma le gomme ancora fredde lo fanno precipitare in sesta posizione a lottare con le veloci Yamaha e il “frullino” di Camier. Con un ritmo forsennato e molti sorpassi si riporta sui primi 2: Fores e Rea. Da li in poi inizia una lotta al limite della fisica alla prima staccata. Batte Fores, ma con Rea la cosa non è così semplice. Ad ogni suo attacco Johnny risponde e la gara si decide al fotofinish. Bella vittoria di Marco e ottima doppietta.

Rea
Voto: 7
Dopo le polemiche per le gomme di ieri, la direzione gara obbliga tutti al cambio gomme entro il dodicesimo giro. Questa scelta non mi piace perché palesemente a favore di un solo pilota. Basta pensare agli anni passati, quando ad avere gli stessi problemi erano stati Sykes e le Yamaha in molte gare (per esempio) e nessuno ha fatto nulla.
In gara è stato veloce, ma senza il cambio gomme non sapremo mai come sarebbe finita.

Fores
Voto: 9
Ha una moto clienti ma molte è più veloce di alcuni piloti con le ufficiali. Grazie al suo grande talento ha tenuto dietro quei 2 mastini di Melandri e Rea per molti giri. Questo podio se l’è meritato tutto.

Sykes
Voto: 6
Come sempre in Pole fuoco e fiamme in gara si perde. E come succede da 3 anni a questa parte la sua posizione è merito di più della moto che sua.

Lowes
Voto: 7
Ottima gara. 2 gare, 0 cadute...ottimo come inizio di stagione. La Yamaha è cresciuta e anche lui. Vedremo con il proseguo di campionato

Camier
Voto: 8
Un sesto posto che sa di podio. Non credendo nei miracoli da parte Honda propenso di più a dare i meriti al talento di Leon. Con un CBR con più motore della F4 lui può ambire a rimanere nella Top10 costantemente e lottare per la top5.

VdM
Voto: 6
Il suo non è un lottare, non compie bei sorpassi...è solo un pazzo che gioca troppo al limite, il classico PERICOLO PUBBLICO. Oggi è andata bene, ma non sarà sempre cosi. Il suo modo arrembante rischia di far male a qualcuno ed è un'idea inaccettabile.

Davies
Voto: 3
Dopo il pit-stop, mentre era al comando, scivola in modo stupido e butta all'aria una gara che poteva giocarsi sino alla fine con Melandri e Rea. Davvero un risultato molto negativo.

sabato 24 febbraio 2018

WSBK Gara2 Phillip Island - Doppietta di Melandri al fotofinish



WSBK - Il bicilindrico non è ancora morto

Il sussulto di una bicilindrica che tanti davano per morta

In tanti davano per spacciata la Ducati Panigale V2 in SBK per tutta una serie di ragioni. Il trionfo limpido di Marco Melandri a Phillip Island ha fatto cambiare idea a molti       

La stangata imposta dal nuovo regolamento SBK sembrava aver compromesso le chance della Panigale V2 nel 2018, ultima stagione utile per conquistare il titolo iridato con questo progetto così complesso. I test avevano spesso mostrato in difficoltà la coppia di ufficiali Ducati rispetto al duo verde della Kawasaki formato dal cannibale Rea e da Tom Sykes. In tanti tifosi Ducati si erano quasi rassegnati all’idea di vivere una stagione SBK in sordina in attesa dell’avvento in gara della V4, attesa come vera manna dal cielo visto il suo indubbio potenziale.

La prima manche del mondiale ha però consegnato sensazioni molto diverse, dimostrando che i valori in campo in questo 2018 potrebbero non essere sbilanciati in maniera eccessiva a vantaggio delle Verdone. C’è da sottolineare che Phillip Island è una pista su cui sia Melandri che la Panigale sono sempre andati molto forte, un tracciato su cui anche Carlos Checa riuscì a portare la Panigale V2 in pole nel 2013, stagione del difficilissimo debutto per questa moto in SBK. C’è poi da aggiungere che l’anomalo consumo delle Pirelli emerso in questa prima frazione può aver danneggiato maggiormente altri piloti, rispetto a un Melandri da sempre particolarmente bravo a preservare gli pneumatici in vista del finale di gara.

In definitiva non si deve eccedere negli entusiasmi per questa prima vittoria, che già in occasione della seconda frazione potrebbe essere ridimensionata. La scelta molto conservativa di forzare i piloti ai box per il cambio gomme dopo metà gara è stata presa per motivi di sicurezza, e di fatto avvantaggia quei team che non hanno saputo dare un setup equilibrato alle proprie moto. Se nella prima frazione, sono arrivate 3 Ducati nei primi 4 posti, evidentemente il setup scelto dai tecnici di Borgo Panigale è particolarmente riuscito. Magari questo scenario è anche frutto di una capacità del bicilindrico di stressare meno le gomme rispetti ai 4 cilindri in pista, ma di fatto la decisione di Dorna in qualche modo lede la Ducati, che avrebbe potuto ripetersi nella seconda frazione visto l’evidente vantaggio nella gestione delle gomme da parte della Panigale.

In quella che di fatto sarà una doppia manche da circa 11 giri, si potrà comprendere meglio quali siano i reali valori in campo, ma resta la consolazione che un assolo assordante di Jonathan Rea per ora sembra scongiurato. Il campione del mondo domani partirà dalla prima fila, visto il suo quinto posto al traguardo, mentre Marco Melandri sarà nono in griglia, condividendo la terza fila con Sykes e Davies.

Di Marco Caregnato

WSBK Gara1 - La Pagella di PGreco


Melandri: Voto 10 e Lode
Gran gara di Marco che lascia sfogare Sykes per tre quarti di gara. Quando decide di rompere gli indugi compie un bellissimo sorpasso ai danni del pilota inglese e va a prendersi la vittoria con un ritmo impossibile per l'avversario. Chi ben comincia è a metà dell'opera...che sia di buon auspicio per questo 2018.

Sykes: Voto 9
Come sempre è lui il POLEMAN ma come spesso capita non capitalizza la sua specialità con la vittoria. A sua difesa c'è da dire che oggi Melandri era davvero tosto da battere.

Davies: Voto 8
Gara un po' insipida per lui. Perde ¾ di gara dietro al privato Forés. Salva il salvabile agguantando il terzo posto grazie all'inconveniente capitato a Rea.

Fores: Voto 9
Si mette dietro per buona parte della gara Davies, calcolando che utilizza una moto clienti è un risultato davvero OTTIMO.

Rea: Voto 7
In Superpole è solo sesto, mentre in gara distrugge le gomme dovendosi accontentare del quinto posto. Risultato davvero misero per il cannibale degli ultimi anni.

Camier: Voto 8
L’anno scorso faceva volare una poco prestazionale MV, quest’anno ottiene il medesimo risultato con il "frullino" della Honda. Bravo Leon, come sempre spero che arrivi per lui una moto più performante che sia all’altezza del suo talento.

Laverty: Voto 6,5
Dall’anno scorso sembra non essere cambiato molto... stessi miseri risultati per lui e la sua Aprilia.

Van der Mark: Voto 5
La Yamaha va come l’anno scorso. Prima parte di gara competitiva, la seconda in decadenza e dietro a tutti.

Lowes: Voto 7
Il vero spettacolo visto in questa gara1 australiana viene fuori proprio dalla lotta tra lui e il suo compagno di squadra. Alla fine guadagna un sesto posto senza infamia e senza lode.

Tolta la felicità per la vittoria di Melandri in sella alla Ducati, sembra che il cambio regolamentare non abbia influito sui valori in campo: davanti ci sono sempre le stesse 2 case, Ducati e Kawasaki.
Spero che piloti come Camier o gli ufficiali Yamaha possano dare un po' di verve a questo campionato.

giovedì 15 febbraio 2018

Andrea Iannone: dalla vittoria in Austria agli eccessi dello Showbiz

Andrea Iannone è stato per quattro anni un uomo Ducati, il primo a riportare la Rossa alla vittoria dopo Casey Stoner. Adesso pensa solo al gossip e ad Instagram? Così la pensa anche Carlo Pernat

Non parliamo di un pilota Ducati, perchè Andrea Iannone è ormai da fine 2016 il pilota di punta della Suzuki in MotoGP. Però parliamo di un pilota che è stato molto importante nella storia recente della Casa di Borgo Panigale, il primo in particolare a riportare alla vittoria in MotoGP la Desmosedici dai tempi di Casey Stoner. Il legame tra Andrea e la Ducati è stato senza dubbio molto forte e anche molto importante per la sua carriera, lanciandolo di fatto nel ristretto Olimpo di piloti considerati Top Rider. Ducati ha puntato molto sul talento di Vasto che in Moto2 è stato uno dei pochi a tenere testa a Marc Marquez in più occasioni, ed ha accompagnato la sua carriera fino all'approdo in MotoGP.

Le prime due stagioni in Pramac hanno confermato che Iannone ha talento in abbondanza, e a fine  2014 sembrava pronto per la moto ufficiale. La stagione positiva con una decima posizione nella classifica generale di stagione, sembrava la perfetta premessa al salto di qualità definitivo previsto per il 2015. In effetto questo passaggio c'è stato immediatamente, con Andrea Iannone sul podio alla sua prima gara da pilota ufficiale in Qatar, alle spalle di Rossi e Dovizioso.


La stagione 2015 è proseguita in modo molto positivo, con una serie di risultati utili che hanno confermato anche un'ottima crescita dal punto di vista della maturità del pilota, in grado di prendersi la quinta piazza della classifica generale a fine stagione, salendo sl podio anche in Australia. Poi è arrivata la stagione del 2016, che in qualche modo doveva essere quella della consacrazione e qualcosa si è inceppato. Tante cadute, davvero troppe. Tante reazioni sopra le righe e poi la mancata conferma in Ducati per il 2017 per far spazio a Jorge Lorenzo. 

Iannone è diventato suo malgrado per tutti "Iannone a Cannone", scatenando il web con Meme di ogni genere e scherzando sulla sua eccessiva aggressività. Il punto è che se un pilota cade molto, fa molti zeri durante la stagione e infatti nel 2016, nonostante la limpida vittoria in Austria che ha regalato un'enorme soddisfazione a Dall'Igna & Co, è stato solo nono in classifica generale, con altri 3 podi oltre la vittoria di Zeltweg e la sensazione di aver raccolto molto meno rispetto al potenziale a disposizione.


Lo scacchiere del mercato piloti, ha poi portato Iannone verso la Suzuki, con la volontà di non far rimpiangere quanto di buono fatto da Maverick Vinales e Aleix Espargarò sulla stessa moto. Purtroppo la stagione 2017, come tutti sanno, è definibile disastrosa per la Casa di Hamamatsu. Iannone non ha mai trovato il feeling con la GSX-RR e il miglior risultato di stagione è stato un tiepido quarto posto a Motegi. Il tredicesimo posto nella classifica generale suona come un fallimento totale per il pilota scelto da Davide Brivio, e le malelingue hanno iniziato a sprecarsi. Ovviamente al centro dell'attenzione del popolo di tifosi, è stato il cambio di approccio così repentino che ha avuto Iannone nei confronti della sua immagine Social. Prima che nascesse la sua relazione con Belen Rodriguez, il pilota non è mai stato particolarmente attivo su Instagram Facebook e tutti gli altri canali possibili. Da quando invece è nata la relazione con la bella showgirl argentina, anche Iannone ha iniziato a generare tonnellate di foto, selfie, immagini tutt'altro che naturali. Ha iniziato a "comunicare" in un modo che è abbastanza lontano dall'immaginario degli appassionati di motociclismo. 

Da sottolineare, che stiamo parlando proprio di questo tipo di pubblico, di quelli che considerano i piloti degli eroi indipendentemente dal piazzamento in classifica. Cosa c'è di eroico nel farsi l'ennesimo selfie con le labbra a canotto, le sopracciglia perfettamente rifinite e lo sguardo da trota salmonata? Questi sono comportamenti accettati e compresi da un pubblico estremamente generalista, abituato a guardare Barbara D'Urso  in TV venerandola come una Dea. I motociclisti hanno altre divinità. I motociclisti adorano imprese come quella di Jorge Lorenzo ad Assen, quando corse la gara con una clavicola operata al venerdì. I motociclisti adorano imprese come quella di Capirossi, capace di correre un'intera gara con una mano fratturata salvo poi svenire letteralmente una volta tornato al box. Stessa impresa compiuta da Max Biaggi ai tempi della 500 GP, un vero mostro quando sei perfettamente FIT, immaginate cosa fosse da gestire con una mano fuori uso. Fino a prova contraria, il motociclismo è uno sport per gente competente, che comprende il gesto tecnico, che è anche appassionato di meccanica magari. Ma soprattutto adora il coraggio di questi magnifici cavalieri del rischio, adora la sostanza delle cose. Un pubblico che dell'apparenza, spesso davvero non sa cosa farsene.


Questo cambio di attitudine di Andrea Iannone, è stato inizialmente "coperto" anche dal suo manager Carletto Pernat, uno che di piloti ne capisce davvero. Uno che ha gestito gatte da pelare complicatissime come Max Biaggi in Aprilia, uno che ha fato vincere la Dakar alla Cagiva, che ha fatto diventare Capirossi l'uomo della provvidenza per Ducati nel 2003. Insomma, uno che quando dice la sua, di solito ci prende. E le sue ultime dichiarazioni sono state abbastanza forti sul suo ormai ex assistito, reo secondo lo stesso manager di essersi troppo dedicato al gossip e troppo poco al motociclismo nell'ultimo periodo. Adesso per Andrea Iannone si apre una parentesi molto complicata della sua carriera. Se dovesse ritrovare competitività in sella alla sua Suzuki, riuscirebbe in un colpo solo a zittire chiunque dimostrando di non aver mai perso la concentrazione necessaria per esprimere il proprio talento e lottare al top nella difficilissima categoria MotoGP.

Se invece Iannone dovesse affrontare una seconda stagione difficile, purtroppo sappiamo tutti bene che non gli basterà un selfie con Belen per garantirgli un contratto da pilota ufficiale. A noi piaceva di più quando era "Iannone a Cannone". Magari cadeva tanto, magari osava troppo. Ma cacchio, quello si che voleva dire dare tutto! Gli appassionati vogliono questo. Di un profilo da milioni di follower, davvero non sanno che farsene. Anche perchè sulla moto a dare gas è solo uno, e in quel momento a tutto deve pensare, tranne che ai selfie. 

lunedì 12 febbraio 2018

Missili Rossi dal passato: Ducati 749r, una chicca per intenditori


Ducati allestì questa versione delle 749 per battere le giapponesi di media cilindrata in Supersport. Il risultato fu una straordinaria moto stradale, un autentico gioiello considerato da molti una delle migliori moto mai prodotto a Borgo Panigale

Se siete il tipo di motociclisti che si fermano a leggere la scheda tecnica di una moto, tra cavalli, peso, interasse e tutto il resto, vi consigliamo di non andare avanti nella lettura di questo pezzo. Lo facciamo perchè qui parliamo di una moto che non è mai stata la più potente della sua categoria, e neanche la più leggera. Non ha mai vinto un titolo mondiale, ed in gara sono stati davvero in pochi a riuscire a tirarne fuori il massimo. Eppure la Ducati 749 R è a suo modo una vera icona per la Casa di Borgo Panigale, ed oggi è considerato un pezzo pregiatissimo da avere per qualsiasi collezionista in giro per il mondo. L'estetica identica alla sorella maggiore 999 non è mai stata tra le più apprezzate dal grande pubblico, con il designer Pierre Terblanche che si lanciò in un'esercizio di stile forse anche troppo avveniristico. L'idea era ovviamente quella di spezzare totalmente con il passato rappresentato dalla meravigliosa linea disegnata da Tamburini, ma il taglio netto e quella immagine "strana" non ha mai fatto battere troppi cuori. Il tempo ha però cambiato le cose, e oggi la linea della 749R risulta ancora molto attuale e senza dubbio affascinante.

Le pregiate carene in carbonio e una componentistica completamente griffata sono i complementi perfetti per disegnare il carattere di questa moto, nata per le corse ma incredibilmente equilibrata anche come mezzo stradale. Nella prima metà degli anni 2000, la categoria Supersport era ancora la più venduta sul mercato delle sportive, e vincere in questa classe per Ducati avrebbe potuto rappresentare una perfetta chiave per entrare nel cuore degli appassionati. Da qui nacque l'idea di costruire una versione vitaminizzata della 749, che con piccole modifiche potesse essere competitiva alla pari con le rivali giapponesi a 4 cilindri, ovvero le dominatrici del mondiale a quell'epoca. Nonostante si stia parlando di un progetto estremo, quando si sale in sella a una 749R la prima parola che viene in mente per raccontare le sensazioni vissute in sella è questa: equilibrio.


Ducati 749r - 2004


Come mai una moto nata espressamente per il Racing, accreditata di utilizzare il meglio della tecnologia presente nel Reparto Corse più aggressivo al mondo, riesce a trasmettere questo grande equilibrio? Evidentemente la Ducati 749r è un progetto nato bene, una moto capace di fondere in un condensato di emozioni pure l'anima pistaiola con un grande feeling nella guida sportiva stradale. Questa moto non spaventa con picchi di potenza improvvisi, eppure regala un controllo totale sul gas, frutto di un'affinamento del sistema di iniezione che regalava una lettura perfetta del grip disponibile al posteriore. Bastano pochi chilometri in sella a questa Ducati per trovarsi a spalancare il gas e sfruttare ogni singola goccia di potenza disponibile, con la certezza di non ricevere brutti scherzi. Il telaio a traliccio unico ai cerchi Marchesini in alluminio forgiato e alle Ohlins anteriori, regalano velocità di inserimento e feeling totale. 

Aggiungete una posizione di guida definita da molti assolutamente perfetta ed otterrete una sportiva da riferimento per guidare in scioltezza sul misto, senza aver timore della propria moto. In queste nostre rassegne di moto dal passato, non smetteremo mai di ripetere che andare in moto deve essere prima di tutto un divertimento, un momento piacevole e anche sicuro. Questa moto è capace di prestazioni di assoluto rilievo, ma è anche un mezzo dotato di un equilibrio così ampio da consentire a chiunque di divertirsi in sella. Pur essendo un bicilindrico spinto di cilindrata non esagerata, la curva di erogazione non sacrifica eccessivamente i medi regimi in favore degli alti, regalando un comportamento assolutamente elettrico da parte del Desmo.




La linea della 749 è ovviamente la stessa della 999 e qui c'è davvero poco da dire: o la ami, o la odi. C'è chi l'ha odiata dal primo istante, definendola indegna di diventare la naturale erede della gloriosa serie 916 di Tamburini, e chi invece ha apprezzato il coraggio di Ducati, capace di cambiare rotta in modo così netto, ma anche in modo piuttosto traumatico. Linee piatte, faro strano, curve sinuose alternate a sagome elementari. Terblanche ha dato vita ad un design assolutamente impossibile da confondere, con una personalità immensa. Come tutte le cose molto "forti", anche questa moto ha diviso in modo impressionante la critica. La cosa certa è che il tempo è stato benevolo, e oggi questa linea che nel 2003 fu rifiutata dai più, è diventata straordinariamente intrigante. C'è quasi dell'arte nella sua voglia di affermarsi, di distinguersi in ogni particolare. E poi ci sono dei particolari che sprizzano classe: le piastre di sterzo sono spettacolari, il ponte di comando è un puro esempio di razionalità ingegneristica. E' bella? Di certo non è solo simpatica. La 749 è quella donna che ha dei lineamenti marcati, che non piace subito ma che fa impazzire con il suo sguardo magnetico. Parcheggiatene una davanti ad un bar affollato, e vedrete quanti curiosi andranno a guardatela e soprattutto quanto tempo gireranno attorno a questa moto. Quando fu presentata non conquistò tutti, ma oggi affascina moltissimo chiunque.

Comportamento in pista e su strada


La Ducati 749R è un autentico gioiello una volta saliti in sella. La posizione di guida è semplicemente perfetta, con i manubri molto larghi e aperti e una triangolazione sella-pedane-manubri mai eccessivamente sacrificata. Non è una moto nata per macinare chilometri in abbondanza, ovviamente, ma può garantire un certo comfort di marcia soprattutto grazie ad una abitabilità davvero impeccabile. Questa Supersport in salsa Ducati offre il perfetto mix tra un'avantreno veloce in inserimento e la stabilità tipica di tutte le sportive costruite a Borgo Panigale. Non si avverte mai eccessiva leggerezza e la sensazione di controllo sull'anteriore è totale, con un costante interscambio di informazioni tra la ruota anteriore e il pilota, che ha sempre perfettamente chiaro il limite. Limite che tra l'altro è elevatissimo, viste le doti dinamiche del pacchetto. Su questa moto è estremamente facile attaccare la curva in netto anticipo, trovandosi a deviare per evitare di tagliare eccessivamente all'interno la traiettoria. La velocità di inserimento e la stabilità ad elevati angoli di piega, permette una guida quasi duetempistica, con inserimenti fulminei a grande velocità di percorrenza. Sulla 749R non paga staccare al limite e spremere il motore, che pur non difettando di CV, non ha certo nella sua potenza l'asso nella manica. Piuttosto si deve cercare di portare tanta velocità in curva e sfruttare le enormi doti ciclistiche del mezzo, che letteralmente riscrive certi parametri sia per i neofiti che per i piloti più smaliziati.





Come tutte le versioni R della Ducati, non è nata nè pensata per i principianti delle due ruote. Eppure l'equilibrio che regala questo mezzo, la rende una perfetta compagna di curve anche per chi non è un pilota iper allenato che riesce ad andare ogni settimana in pista. Sulla 749R ognuno può stabilire il proprio parametro, e giocare fino a trovare il limite in sicurezza. La trazione è immensa ed è garantita anche da un leveraggio della sospensione particolare che in tanti hanno poi utilizzato sulla sorella maggiore. Questa moto è nata per correre, e saranno ovviamente i più scafati a riuscire a sfruttarne tutto il potenziale. Ma è una vera delizia per chiunque e può rappresentare un'ottimo acquisto per chi vuole una moto esclusiva senza avere abilità da grande pilota.  Stiamo poi parlando di una moto che offre una componentistica da gioielleria, con tutto il meglio che si poteva trovare sul mercato all'epoca della presentazione di questo modello. 

Tutti i numeri della Ducati 749r - 2004


I numeri di questa moto possono essere riassunti così:

  • CILINDRATA - 748 cm³ (Alesaggio 94,0 x Corsa 54,0 mm)
  • DISTRIBUZIONE - Desmodromica 4 valvole per cilindro
  • POTENZA - 120 cv (87 kW)
  • PESO - 193 kg a secco
  • INTERASSE - 1420 mm


Parlando di sportive Ducati, ovviamente dobbiamo essere consapevoli che ci sono infinite possibilità di personalizzazione attingendo sia al catalogo Ducati Performance che da una lista davvero immensa di costruttori di materiale After Market. La realtà però è che questa Ducati 749R, già in configurazione di serie, è una moto semplicemente fantastica, con personalità da vendere e un livello di cura del dettaglio pià vicino ad una produzione di tipo artigianale che non a un prodotto di grande serie. Stiamo pur sempre parlando di un mezzo che all'epoca aveva un prezzo di € 21.000 chiavi in mano, quindi non propriamente un mezzo alla portata di tutti.

Stiamo parlando di un mezzo molto particolare, con una quotazione davvero difficile da inquadrare. Già trovarne una in vendita è un colpo di fortuna, ma se volete acquistarne una è pur sempre il primo passo da compiere.  Come sempre però, il prezzo può essere determinante nel prendere la decisione riguardo l'acquisto o meno di una moto, ed ecco le quotazioni che ci sono in giro per il web. Quanto costa dunque una Ducati 749R?

Quanto costa oggi una Ducati 749r e cosa controllare 


Parlare fino ad ora di questa 749R è stato meraviglioso, con tutto un elenco di pregi che farebbero emozionare anche un uomo dal cuore di pietra. C'è però una nota dolente che davvero non si può ignorare, un singolo aspetto che purtroppo ha il potere di tenervi spesso troppo lontani dalla realizzazione di un sogno come questo: il prezzo.

Sulla Ducati 749R tutto è pregiato, tutto è ricercato, tutto è esclusivo. Stiamo parlando di una versione esotica e non della pur validissima entry level. Il fatto che questo modello abbia quotazioni oggi elevatissime è tutto sommato comprensibile, ma fa impressione constatare che in alcuni casi siamo già oltre i livelli della sorella maggiore 999R, protagonista nel mondiale SBK negli stessi anni.  Oggi è facile trovare esemplari con prezzi attorno ai € 10.000, e se avete il budget e potete permettervela, vi consigliamo assolutamente di prenderla al volo. Questa moto è destinata a diventare un oggetto sempre più ricercato dai collezionisti e potrebbe diventare un ottimo investimento negli anni.

Se doveste avere al fortuna di trovarne una, ci sono parecchie cose che è bene controllare con cura. Questa moto è stata acquistata da due tipi ben distinti di motociclisti: quelli che l'hanno acquistata per coccolarla, godersi la sua esclusività e magari anche mostrarla fuori al bar di un passo e quelli che l'hanno acquistata per violentarla fisicamente ogni volta che ci sono saliti in sella.



E' ovviamente soprattutto a questa tipologia di acquirenti (venditori) a cui bisogna stare molto attenti. Il motore della 749R è un bicilindrico molto spinto, capace di erogare 120 CV grazie alle valvole e bielle in titanio e ad una infinita serie di chicche ingegneristiche studiate per primeggiare in Supersport. Non è un motore nato per fare 100.000 km e senza una corretta manutenzione, può rendersi protagonista del peggior incubo possibile per un motociclista: comprarla può costare caro, ripararne una con il motore danneggiato può costare TROPPO.

Quindi se state girando attorno a questa splendida 749R con le carene in carbonio perfette e senza un singolo graffio, e notate che le gomme sono state chiuse a dovere e che magari c'è qualche segno di eccessiva "operatività" sui registri forcella, state molto attenti. Sotto quella magnifica fibra di carbonio può celarsi un potenzialmente enorme problema meccanico, derivato dal fatto di aver spremuto in pista questo gioiello senza l'opportuna manutenzione, che nel caso di un propulsore così spinto, significava un esborso davvero importante a intervalli chilometrici piuttosto severi.

In tanti hanno acquistato la moto per poi smontare tutte le sovrastrutture originali e mettere un bel vestito in vetroresina da strapazzare in giro per le vie di fuga. Occhio dunque a segni su forcellone e telaio e attenzione anche ai foderi forcella. Eventuali scivolate possono essere nascoste da carene nuove e da semimanubri sostituiti. Ma i segni lasciati dai collari sulle forcelle....bhè quelli non si cancellano e possono rivelare l'anima pistaiola nascosta in una moto apparentemente in condizioni da vetrina.




Alla fine chi dovrebbe pensare di acquistare una Ducati 749R? Solo qualche riccone collezionista che la metterà in fila assieme alle sue pregiatissime sorelle? Secondo noi, questa moto potrebbe essere un grandissimo acquisto anche per altre tipologie di motociclisti. Il budget richiesto è molto importante per una moto di quasi 15 anni, ma stiamo parlando di tantissima esclusività in movimento, e soprattutto stiamo parlando di una moto tanto equilibrata da potervi regalare letteralmente urla di piacere una volta imboccato il passo. Quanto siete disposti a spendere per avere un'arma perfetta con cui divertirvi ogni volta che spalancate il gas, sentendovi dei veri piloti? Questa moto non ha controlli elettronici, non ha cambio assistito e non ha ombra di ride by wire. Se sbagliate siete voi a farlo, se frenate troppo sullo sporco vi ritroverete a bestemmiare in aramaico per aver rovinato le carene in carbonio. Ma se entrate in sintonia con questa moto e ne comprenderete l'anima, avrete a disposizione una delle migliori sportive stradali mai costruite a Borgo Panigale, e tutta completamente a misura d'uomo. Vi farà sentire Superman, vi farà sentire Stoner (che poi non è che le due cose siano tanto diverse alla fine....). E soprattutto, vi farà sorridere ogni volta che l'accenderete, perchè sapete già quante soddisfazioni state per godere in sella a questo gioiello rosso nato per battere le giapponesi in Supersport e destinato a diventare una vera icona della storia Ducati. Tutto questo varrà pure un assegno abbastanza corposo, va pare?

venerdì 2 febbraio 2018

Troy Bayliss gira forte ma si infortuna: a rischio la prima tappa di Phillip Island

Troy Bayliss ha emozionato tutti i tifosi Ducati con la notizia del suo rientro in gara nell'ASBK. Una brutta caduta pagata molto cara ne potrebbe ritardare il rientro in griglia

Troy Bayliss ha la bellezza di 49 anni, ma se lo guardate negli occhi troverete lo stesso identico sguardo da tigre che aveva all'epoca dei suoi trionfi in SBK in sella alle varie Ducati 996, 999 e 1198. Solo che la sua morsa d'acciaio che gli ha sempre permesso di domare quelle belve bicilindriche, non è più la stessa. E' del tutto naturale che sia così, fa parte della vita. Troy Bayliss ha però diverse frecce nella sua faretra che gli permettono di arginare il problema, e la più affilata è ovviamente un talento assolutamente cristallino che non può essere minimamente annebbiato dagli anni trascorsi.

I problemi nascono ovviamente quando, una volta in sella, Troy dimentica la sua data di nascita e il suo cervello gli suggerisce di fare le stesse cose che faceva una decina di anni fa, quando era ancora al top della sua condizione fisica. Qualche volta, la magia gli riesce ancora, tanto da consentirgli di girare a circa un secondo e mezzo dal top nella sua prima uscita durante i test. Altre volte, non va altrettanto bene.

L'episodio incriminato è avvenuto sul tracciato di Wakefield Park, e lo racconta lo stesso pilota attraverso le pagine di MCNnews.com: «Stavo girando sulla pista del Wakefield Park con la Ducati Final Edition e avevo solo 30 minuti a disposizione. Il tracciato era in pessime condizioni, aveva piovuto e l’asfalto si stava asciugando, e non è un buona pista con tutto il materiale diverso che hanno usato per l'asfalto La giornata si è conclusa con una grossa caduta, nonostante avessi buone sensazioni sulla moto. Ho distrutto la moto e ho fatto un bel ruzzolone, e ho rimediato la frattura di un’articolazione dell'anca, e questo non va bene. Non avrò bisogno di altri incidenti nelle prossime cinque settimane». 


Sembra dunque che l'infortunio non comprometta la sua partecipazione al primo round del campionato australiano, che tra l'altro si svolge in concomitanza con la prima tappa SBK di Phillip Island nel weekend dal 23 al 25 Febbraio. Troy resta determinato a fare bene, sapendo che nonostante l'età può ancora dire la sua: «Vorrei fare bene. La cosa più importante sarà essere competitivi e stare davanti. Se andasse così sarei dannatamente felice. È bello lottare per le prime posizioni, questa è la cosa principale». 

Ovviamente c'è molta curiosità anche da parte del pubblico di Phillip Island, che ritroverà un vero idolo in pista: «Sarà abbastanza strano, ma anche emozionante. Solitamente inizio sempre bene la stagione e su questa pista ho molta esperienza, quindi già dal primo round potrò farmi un’idea su quello che mi aspetta. Se faticherò a Phillip Island vorrà dire che la stagione sarà piuttosto impegnativa».

giovedì 1 febbraio 2018

Desmosedici GP18: un capolavoro? Si, di tecnologia, passione e amore

Jorge Lorenzo ha definito la Ducati GP18 un capolavoro, sollevando le obiezioni di Andrea Dovizioso, più prudente del maiorchino. A noi la definizione di Giorgio piace molto!

Prima di stabilire se la definizione di Jorge Lorenzo sia appropriata o meno, ci sarebbe da fare una lunga riflessione sul corretto utilizzo di questo termine. Se definiamo capolavoro un'opera di Michelangelo, come potremmo mai azzardarci ad utilizzare lo stesso termine per definire un'oggetto meccanico? Stiamo forse assimilando il genio, il talento e la folle passione di Michelangelo al lavoro degli ingegneri di Borgo Panigale? Magari Jorge Lorenzo quando ha utilizzato il termine "capolavoro" non ha pensato a questo, magari non gli è venuto in mente che in Italia di capolavori c'è n'è in ogni angolo di strada, celati agli occhi dalla routine di chi ha troppo e rispetta troppo poco ciò che ha.

Ragionando sulla cosa, potrebbe apparire dissacrante associare l'autore della memorabile Cappella Sistina al gruppo di lavoro magistralmente gestito da Gigi Dall'Igna. Però si deve andare più a fondo della questione e comprendere perchè anche un oggetto meccanico come una MotoGP può essere definito un "capolavoro". Osservando con un certo distacco, vengono alla mente altri esempi di capolavori in ambito motociclistico, e non ci sembra in nessun caso inopportuno ricorrere a questo vocabolo per sintetizzare le emozioni trasmesse da una moto.

Basta pensare alla Cagiva C594, alla Ducati 916. Basta ricordare la prima Monster 900, oppure la MV F4 750. Alzi la mano chi ha il coraggio di definire queste moto meno che capolavori. Non si tratta di vincere in gara, e neanche di essere per forza la più bella del lotto. Certo, di bellezza in questi nomi c'è n'è in abbondanza. Le linee plasmate da ognuno di questi modelli ha creato nuove tendenze, ha dato vita ad un diverso concetto di design e tecnica nel motociclismo.

E poi sono tutte dannatamente italiane fino al midollo, il che rappresenta quel valore aggiunto che le ha impresse per sempre nella storia del motociclismo. Anche la Ducati Desmosedici GP18 è italiana. E' rossa, è innegabilmente bellissima. Non ha ancora vinto neanche una gara, ma Jorge Lorenzo è riuscito a stabilire il giro più veloce mai segnato a Sepang da una moto su questa meraviglia della tecnologia tutta Made in Borgo Panigale. Basta questo a definirla un capolavoro? No, ma di certo ha il suo peso. Il punto è che nessuno può davvero sapere cosa intenda Jorge Lorenzo quando la definisce così, nessuno tranne che lo stesso Lorenzo. Lo spagnolo si è innamorato di questa moto sin dai primi metri, è riuscito a fare cose con questa moto che nel 2017 gli erano impossibili da fare. 


Per questo si è spinto fino a questo punto, per questo ha speso un complimento così "pesante" per questa moto. Ha detto cosa pensa come sempre, senza filtri. Ha mandato un messaggio a chi su questa moto ci ha lavorato duramente, facendo tardi la sera e magari portandosi anche il lavoro a casa. Tutto per dare a Jorge quello che chiedeva, tutto per dimostrare che in Ducati non si deve invidiare niente agli altri Costruttori. Le risorse sono probabilmente di meno rispetto alle grandi rivali giapponesi, eppure in Ducati sono riusciti per l'ennesima volta a migliorare il proprio gioiello. La Desmosedici GP18 è un condensato di quanto di meglio ci sia a Borgo Panigale. C'è l'aerodinamica più evoluta del Paddock, c'è la gestione elettronica migliore al mondo e quasi certamente il motore capace di erogare la maggiore potenza per un'unità V4 di 1000cc al mondo.

Non vogliamo offendere la Gioconda, nè il David e neppure la Venere. Ma anche la Ducati GP18 può essere considerata un capolavoro. Nessuna di queste magnifiche opere è un capolavoro dal punto di vista oggettivo, perchè l'arte non può essere incasellata in nessun modo. L'unica cosa che conta è l'emozione che una determinata opera d'arte riesce a trasmettere. Chiunque si trovi per la prima volta davanti alla Pietà di Michelangelo ha un vero trauma. L'emozione lo rapisce, il cuore batte all'impazzata. Non si riesce a spiegare questa cosa, si deve provare sulla propria pelle per comprendere fino in fondo il turbinio di sensazioni che solo queste opere sanno suscitare.


Noi non saliremo mai sulla Ducati GP18 di Jorge Lorenzo. Ma se lo spagnolo la definisce "un capolavoro", ci piace immaginare quella prima accensione, quel primo giro di pista assieme. Il timore prima di salire in sella cancellato dalle prime staccate, dai primi cambi di direzione. Il mare di emozioni che ti colpisce ed una voglia matta di dire "Grazie" a tutti quelli che hanno lavorato per rendere quella moto esattamente come tu la chiedevi da tempo. Lorenzo è sceso dalla GP18 con una gran voglia di dire grazie, e l'ha fatto a modo suo. Ci piace immaginare un ingegnere che legge la sua dichiarazione e che un pò si emoziona, come farebbe un artista davanti alle reazione del pubblico davanti ad una sua opera. 

Siamo blasfemi, ma ci piace immaginare la GP18 al fianco di tanti altri capolavori italiani. Con un peso forse diverso, ma con la stessa identica intensità. Passione, follia, intelligenza. Tutto questo è arte. E anche questa Ducati è arte. Chapeau a tutti voi ragazzi a Borgo Panigale.