Fino a pochi anni fa la Desmosedici, in tutte le sue declinazioni, rappresentava una sorta di incubo a due ruote per piloti ed ingegneri. Soprattutto per chi aveva lavorato in precedenza su altre moto, adattarsi alla moto italiana è sempre stato un ostacolo enorme. Facile pensare alle difficoltà di Valentino Rossi, che aveva vissuto in precedenza anche Marco Melandri nella sua stagione in Ducati MotoGP, nell'ormai lontano 2008.
Ma il vento dalle parti di Borgo Panigale è cambiato, i leader tecnici sono cambiati e con l'arrivo di Gigi Dall'Igna la Ducati ha intrapreso un percorso che ha cambiato il modo di "pensare" ad un prototipo. La Desmosedici di ultima generazione, che trova le proprie origini nella rivoluzione targata 2015, è una moto che resta fedele al DNA Ducati, con carattere da vendere e specificità assolutamente non replicabili dagli avversari.
Eppure è una moto molto più amichevole, una moto che non intimidisce chi la porta al limite per la prima volta. I risultati delle ultime tre stagione parlano da soli, ma il primo test di stagione delle new entry Jack Miller e Tito Rabat costituiscono l'ennesima cartina di tornasole per una verità che ormai è di pubblico dominio: la Desmosedici è una moto addirittura più facile di alcune concorrenti.
— Pramac Racing MotoGP (@pramacracing) 28 novembre 2017
L'australiano che ha vinto in modo spettacolare da Assen nel 2016 in sella ad una Honda RCV, si è prodotto in lodi molto audaci nei confronti della Rossa, definendola una moto equilibrata, facile ed incredibilmente veloce. Detto da un pilota che poteva contare sul supporto HRC e che ha sempre guidato una Honda in MotoGP, è un complimento assolutamente apprezzabile. Stessa attitudine è stata mostrata da Tito Rabat, uno che in questa prima fase di carriera in MotoGP non è riuscito minimamente ad onorare il titolo di campione del mondo Moto2. Non siamo forse al cospetto di un fenomeno alla Zarco, ma è sembrato strano che Titone perdesse completamente la bussola una volta giunto in Top Class. Paradossalmente, avrà oggi una onesta chance in sella alla Ducati di fare ciò che non gli è riuscito in sella alla Honda.
Una volta si diceva che la Casa di Tokyo fosse in grado di costruire moto con cui chiunque sarebbe andato forte, mentre adesso questa affermazione ha perso forza e sostanza. Al contempo, la Desmosedici è diventata una delle moto più ambite nel paddock sia per Team che piloti. Dall'Igna è riuscito in parte a replicare in MotoGP quanto faceva l'Aprilia in 250, quando la maggior parte delle moto in griglia era una moto di Noale. Tutto sommato, anche la Ducati non è nuova a questo tipo di esperienza, visto che anche in SBK per tanti anni la serie 916-955-996-998 ha dettato legge in lungo e in largo, dominando il campionato con piloti ufficiali e privati.
I test di Valencia e Jerez hanno confermato che a Borgo Panigale la strada intrapresa è quella giusta. Andrea Dovizioso nel 2018 potrà contare su una maggiore consapevolezza e Jorge Lorenzo su un anno di esperienza in sella alla moto. Scontato aspettarsi risultati di prestigio anche da Danilo Petrucci, ma la speranza concreta è che anche gli altri rider Ducati possano avere ambizioni da top ten in ogni gara. La Ducati ha smesso di essere una moto difficile, ed è diventata terribilmente sexy per tutti i piloti del paddock MotoGP.
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