La GP18 ha accompagnato la cavalcata trionfale di Andrea Dovizioso in Qatar. Quanto sei cambiata pur restando fedele a te stessa, cara Desmosedici
La limpida vittoria di Andrea Dovizioso a Losail che ha esaltato i tifosi Ducati di tutto il mondo, ha in qualche modo fatto tornare alla mente l'incredibile affermazione di un certo Casey Stoner in sella alla Desmosedici nella sua gara di debutto per la Ducati, che risale all'ormai lontano 2007. Nessuno avrebbe puntato su una vittoria dell'australiano a quell'epoca, ma Casey zittì tutti con una prestazione maiuscola, mettendo in mostra un talento incredibile che prima di allora si era manifestato solo a tratti.
Sono passati tanti anni e la situazione è totalmente diversa oggi rispetto ad allora. All'epoca la Desmosedici era una moto assolutamente unica, dalle caratteristiche del tutto particolari e Casey Stoner divenne in poco tempo l'unico in grado di spremere il massimo potenziale da quella moto. Di acqua sotto i ponti ne è passata tantissima: prima l'abbandono di Stoner, poi l'epoca nera di Valentino Rossi e dopo gli anni di purgatorio prima dell'arrivo di Dall'Igna, che ha creato una moto totalmente diversa, un progetto completamente innovativo.
La magica stagione 2007 fu soprattutto frutto dello smisurato talento di Casey Stoner, in grado da solo di far fronte col proprio istinto a qualsiasi situazione. Oggi c'è in sella Andrea Dovizioso, uno che di talento ne ha da vendere ma che di certo non ha la stessa indole selvaggia che per tanti anni ha caratterizzato il binomio composto da Stoner e la sua Desmosedici. Il "nostro" Desmodovi è un pilota diverso, che ama lavorare sulla moto, adora migliorare step by step fino a trovare la perfezione e oggi è l'unico in grado di spremere realmente tutto il potenziale della moto, che per quanto elevatissimo, resta un premio pregiatissimo per pochi eletti.
Ma c'è da sottolineare che anche questa magnifica fiera che chiamiamo Desmosedici GP18 ha ben poco da condividere con la sua progenitrice. In comune le due moto hanno forse solo il sistema Desmo e di certo nella sua ultima incarnazione sarà solo un cugino lontano di quello presente sulla moto che all'epoca portò per la prima volta il titolo MotoGP a Borgo Panigale. Quella GP7 era magnifica, eppure magnificamente difficile. Nessuno riusciva a domarla, neanche un mastino come Loris Capirossi, ben abituato a portare al limite le Rosse uscite dal reparto corse gestito a quell'epoca da Filippo Preziosi.
Quando Casey andò via, si iniziò a cambiare approccio, comprendendo che il valore aggiunto costituito dall'australiano era in pratica impossibile da replicare con qualsiasi altro pilota in sella, come hanno dimostrato i due anni di autentico purgatorio targati Valentino Rossi. Compresa la necessità di cambiare strada e affidate le redini del progetto a Gigi Dall'Igna, le cose hanno iniziato a cambiare e sempre più spesso una Desmosedici si è presentata nelle zone alte della classifica, dopo averle quasi dimenticate nel periodo 2011-2014. Dal 2015 le cose sono costantemente migliorate, fino a questo incredibile inizio di stagione, con Dovizioso capace di riportare la vittoria alla Ducati nel GP inaugurale dopo il 2009, merito all'epoca del solito Casey Stoner.
Quanta strada è stata fatta da quell'epoca, quanti sacrifici e quanti km percorsi in infiniti test alla ricerca della soluzione perfetta. La moto ha cambiato forma, ha modificato in modo sostanziale i propri connotati, eppure c'è una cosa che proprio non riesce a cambiare: il proprio DNA. Perchè la realtà è proprio questa, una Ducati è una Ducati.
Non sarà mai una moto per chiunque, non sarà mai una moto "facile". La Desmosedici non è più una moto quasi impossibile per chiunque, ma resta in ogni caso una moto unica. Una Ducati. In questo momento Andrea Dovizioso sta facendo quello che fece Stoner, recitando il ruolo di unico interprete di eccellenza di questa splendida sinfonia ingegneristica tutta Made in Italy. Presto arriveranno altre soddisfazioni e tutti speriamo che anche Jorge riesca a trovare la chiave di lettura per portare al limite la GP18. Nel frattempo godiamoci il Dovi, anche se per il momento è costretto a recitare da solista, nel pur affascinante ruolo di punta di diamante dell'armata italiana in MotoGP.
Tutto sommato, siamo Ducatisti e le moto ci piacciono così: belle, piene di carattere e assolutamente non per tutti. Esattamente come la Demsosedici GP18. Inizia a essere una moto che fa andare forte in molti. Ma non sarà mai una moto con cui andranno forte tutti.
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