Jorge Lorenzo ha definito la Ducati GP18 un capolavoro, sollevando le obiezioni di Andrea Dovizioso, più prudente del maiorchino. A noi la definizione di Giorgio piace molto!
Prima di stabilire se la definizione di Jorge Lorenzo sia appropriata o meno, ci sarebbe da fare una lunga riflessione sul corretto utilizzo di questo termine. Se definiamo capolavoro un'opera di Michelangelo, come potremmo mai azzardarci ad utilizzare lo stesso termine per definire un'oggetto meccanico? Stiamo forse assimilando il genio, il talento e la folle passione di Michelangelo al lavoro degli ingegneri di Borgo Panigale? Magari Jorge Lorenzo quando ha utilizzato il termine "capolavoro" non ha pensato a questo, magari non gli è venuto in mente che in Italia di capolavori c'è n'è in ogni angolo di strada, celati agli occhi dalla routine di chi ha troppo e rispetta troppo poco ciò che ha.
Ragionando sulla cosa, potrebbe apparire dissacrante associare l'autore della memorabile Cappella Sistina al gruppo di lavoro magistralmente gestito da Gigi Dall'Igna. Però si deve andare più a fondo della questione e comprendere perchè anche un oggetto meccanico come una MotoGP può essere definito un "capolavoro". Osservando con un certo distacco, vengono alla mente altri esempi di capolavori in ambito motociclistico, e non ci sembra in nessun caso inopportuno ricorrere a questo vocabolo per sintetizzare le emozioni trasmesse da una moto.
Basta pensare alla Cagiva C594, alla Ducati 916. Basta ricordare la prima Monster 900, oppure la MV F4 750. Alzi la mano chi ha il coraggio di definire queste moto meno che capolavori. Non si tratta di vincere in gara, e neanche di essere per forza la più bella del lotto. Certo, di bellezza in questi nomi c'è n'è in abbondanza. Le linee plasmate da ognuno di questi modelli ha creato nuove tendenze, ha dato vita ad un diverso concetto di design e tecnica nel motociclismo.
E poi sono tutte dannatamente italiane fino al midollo, il che rappresenta quel valore aggiunto che le ha impresse per sempre nella storia del motociclismo. Anche la Ducati Desmosedici GP18 è italiana. E' rossa, è innegabilmente bellissima. Non ha ancora vinto neanche una gara, ma Jorge Lorenzo è riuscito a stabilire il giro più veloce mai segnato a Sepang da una moto su questa meraviglia della tecnologia tutta Made in Borgo Panigale. Basta questo a definirla un capolavoro? No, ma di certo ha il suo peso. Il punto è che nessuno può davvero sapere cosa intenda Jorge Lorenzo quando la definisce così, nessuno tranne che lo stesso Lorenzo. Lo spagnolo si è innamorato di questa moto sin dai primi metri, è riuscito a fare cose con questa moto che nel 2017 gli erano impossibili da fare.
Per questo si è spinto fino a questo punto, per questo ha speso un complimento così "pesante" per questa moto. Ha detto cosa pensa come sempre, senza filtri. Ha mandato un messaggio a chi su questa moto ci ha lavorato duramente, facendo tardi la sera e magari portandosi anche il lavoro a casa. Tutto per dare a Jorge quello che chiedeva, tutto per dimostrare che in Ducati non si deve invidiare niente agli altri Costruttori. Le risorse sono probabilmente di meno rispetto alle grandi rivali giapponesi, eppure in Ducati sono riusciti per l'ennesima volta a migliorare il proprio gioiello. La Desmosedici GP18 è un condensato di quanto di meglio ci sia a Borgo Panigale. C'è l'aerodinamica più evoluta del Paddock, c'è la gestione elettronica migliore al mondo e quasi certamente il motore capace di erogare la maggiore potenza per un'unità V4 di 1000cc al mondo.
Non vogliamo offendere la Gioconda, nè il David e neppure la Venere. Ma anche la Ducati GP18 può essere considerata un capolavoro. Nessuna di queste magnifiche opere è un capolavoro dal punto di vista oggettivo, perchè l'arte non può essere incasellata in nessun modo. L'unica cosa che conta è l'emozione che una determinata opera d'arte riesce a trasmettere. Chiunque si trovi per la prima volta davanti alla Pietà di Michelangelo ha un vero trauma. L'emozione lo rapisce, il cuore batte all'impazzata. Non si riesce a spiegare questa cosa, si deve provare sulla propria pelle per comprendere fino in fondo il turbinio di sensazioni che solo queste opere sanno suscitare.
Noi non saliremo mai sulla Ducati GP18 di Jorge Lorenzo. Ma se lo spagnolo la definisce "un capolavoro", ci piace immaginare quella prima accensione, quel primo giro di pista assieme. Il timore prima di salire in sella cancellato dalle prime staccate, dai primi cambi di direzione. Il mare di emozioni che ti colpisce ed una voglia matta di dire "Grazie" a tutti quelli che hanno lavorato per rendere quella moto esattamente come tu la chiedevi da tempo. Lorenzo è sceso dalla GP18 con una gran voglia di dire grazie, e l'ha fatto a modo suo. Ci piace immaginare un ingegnere che legge la sua dichiarazione e che un pò si emoziona, come farebbe un artista davanti alle reazione del pubblico davanti ad una sua opera.
Siamo blasfemi, ma ci piace immaginare la GP18 al fianco di tanti altri capolavori italiani. Con un peso forse diverso, ma con la stessa identica intensità. Passione, follia, intelligenza. Tutto questo è arte. E anche questa Ducati è arte. Chapeau a tutti voi ragazzi a Borgo Panigale.
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