Nel 2006 Troy Bayliss decise di tornare a correre in SBK e Ducati lo riaccolse a braccia aperte. La prima vittoria arrivò in Gara2 a Phillip Island e fu liberatoria
In ogni grande rapporto d'amore c'è il classico momento buio. I dubbi, le grandi incertezze. Magari anche una separazione burrascosa. Ma quando c'è amore, passione e puro feeling, tutti i pezzi del complicato puzzle si sistemano, disegnando il lieto fine che tutti desiderano nella propria vota. Non stiamo parlando di due amanti in carne ed ossa, bensì di un pilota e della sua moto, ovvero una Ducati da SBK. Nello specifico, stiamo parlando di Troy Bayliss e della sua amata Ducati da SBK. I numeri contano poco, non è importante specificare se si tratti di 996, 998, 999, 1198 o 1199. L'importante è che si stia parlando dell'australiano più cazzuto della storia della SBK e della sua moto: rossa, dannatamente bella e con due cilindri.
Il momento buio tra questi due partner c'è stato ed è durato più di un anno. La prima, dolorosissima separazione, è avvenuta perchè il nostro Troy perse la testa per la cugina svampita della Rossa da SBK, un'avvenente prototipo con due cilindri di troppo, e curve di coppia e potenza semplicemente esplosive. Una vera maggiorata, con un nome supersexy: Desmosedici. Troy fu sedotto, e scappò letteralmente dalla sua 998 per lanciarsi in quest'avventura. Quasi una crisi di quarant'anni, con la necessità di mettersi in gioco e tentare l'avventura.
E come sempre, quando si cambia partner l'inizio è solo fuoco e fiamme. Qualche podio conquistato assieme, una top six al primo anno assieme in campionato e la voglia di andare avanti. Tutto questo avveniva nel 2003, proprio dopo aver vissuto ad Imola il finale di stagione più bello della storia moderna. Battuti da Edwards si, ma con immenso onore e la consapevolezza di aver dato tutto. Per i Ducatisti, questo basta a diventare leggenda.
Come dicevamo, il 2003 andò via tranquillo. Sesso sfrenato con derapate e ruote fumanti ovunque. Poi arrivò il 2004, e qualcosa cambiò. La Desmosedici diventò burbera, anche troppo burbera. Il feeling iniziò a mancare e nonostante una passione infinita, Bayliss decise di andare a pescare in un'altra famiglia. Il passaggio alla Honda RCV targata Pons del 2005 fu un vero disastro. Tutto sommato era prevedibile. Troy era sempre andato fortissimo con le Ducati, forse di più in SBK e qualcosina in meno in MotoGP. Ma il comune denominatore di queste moto è sempre stato di essere nate a Borgo Panigale. Quando Bayliss salì sulla Honda, una gran moto ma pur sempre progettata e costruita in Giappone, qualcosa non funzionò da subito.
Troppo perfettina, troppo diversa da tutto ciò a cui era abituato. La crisi di questa coppia fu immediata e non si riuscì a risolverla in alcun modo. L'unica strada percorribile era quella della separazione, con i dubbi che in realtà si fosse in qualche modo anche spenta la scintilla del talento di Bayliss. In MotoGP, il campione della SBK 2001, aveva conquistato troppo poco. Forse l'età iniziava ad essere un problema, e non dipendeva dal partner meccanico ma semplicemente dal pilota.
Per fortuna, in Ducati decisero di chiamarlo in SBK, per riportare alla vittoria la 999. Ovvero una moto Rossa. Una moto con 2 cilindri. Una Ducati da SBK, cioè la sua preferita. Quando Troy saltò in sella alla 999, l'amore non fu immediato. La moto era molto diversa dal mito, quella 998 che gli aveva consentito di scalare il mondo ed affermarsi come campione. La 999 rappresentava uno step in avanti notevole. Meno chili, più cavalli e soprattutto tanta elettronica.
La prima tappa del campionato fu in Qatar, e due podi in seconda posizione sembravano poter essere un ottimo viatico per una stagione ricca di soddisfazioni, ma qualcuno iniziò subito a dire che ormai la stella era appannata, che vincere sarebbe stata un'impresa. Bla, bla e ancora bla. Le classiche critiche di chi vede due innamorati tornare assieme dopo qualche anno. Certo, sono stati separati ed ognuno ha fatto le sue esperienza. Ma sono tornati assieme, e la voglia che hanno l'una dell'altro è infinita.
La seconda tappa del campionato 2006 si corre a Phillip Island, ovvero il salotto di casa di Troy Bayliss. Una vera prova del nove, la consapevolezza che se Troy e la 999 vinceranno qui, potrà rinascere l'amore puro tra l'australiano e la sua Rossa da SBK. Le qualifiche furono un trionfo, con una pole conquistata davanti a Troy Corser, ovvero Mr Superpole in persona.
Poi lo start di Gara1 ed una cavalcata che sembrava avere un unico traguardo possibile: il primo gradino del podio. I primi sedici giri sembravano urlare esattamente questo: vittoria! Poi successe qualcosa, in particolare al terzo elemento del triangolo amoroso, ovvero le gomme. Le Pirelli iniziarono a perdere colpi, sotto le bordate di gas che Bayliss dava sul curvone prima del rettilineo. Le temperature alte fecero il resto, e gli ultimi cinque giri di quella Gara1 si trasformarono da potenziale passerella trionfale, a supplizio totale con le gomme sgretolate.
Bayliss iniziò a fare il gambero, fino ad una sesta posizione al traguardo alle spalle persino di Roberto Rolfo in sella alla Ducati privata del Team NCR di Stefano Caracchi. Un risultato che gridava vendetta, ed una vendetta che puntualmente arrivò.
Allo start di Gara2, la scelta delle gomme fu diversa. Anche la tattica di gara di Bayliss in sella alla 999 fu diversa, con l'australiano a seguire come un'ombra il battistrada James Toseland proprio per 16 giri, ovvero la distanza di gara corsa in testa nella prima frazione. Solo che questa volta, invece di cedere, dopo il 16° passaggio Bayliss e la sua Ducati Rossa da SBK iniziarono una danza infernale, andando a vincere di ben cinque secondi.
Una vittoria che scioglieva qualsiasi dubbio e che dimostrava quanto i protagonisti di questa storia avessero bisogno l'uno dell'altro. Troy Bayliss e la sua moto Rossa, una Ducati da SBK. Una coppia destinata a durare all'infinito e che nel 2018 tornerà in gara. Quando si parla di amore, si potrebbe portare ad esempio la loro storia. Lo definiremmo Desmoamore. Dante Alighieri non gradirà, ma il 100% dei Ducatisti si.
Alla fine di una stagione incredibile, vissuta da Re in SBK, Bayliss decise di tornare dalla cugina svampita per un'ultima volta, quella Desmosedici che nel frattempo era diventata più matura, più consapevole. Un'avventura di un week end, nella calda Valencia. Magari non è stato fedele al 100% alla sua Rossa da SBK, ma ne è valsa la pena!
E come sempre, quando si cambia partner l'inizio è solo fuoco e fiamme. Qualche podio conquistato assieme, una top six al primo anno assieme in campionato e la voglia di andare avanti. Tutto questo avveniva nel 2003, proprio dopo aver vissuto ad Imola il finale di stagione più bello della storia moderna. Battuti da Edwards si, ma con immenso onore e la consapevolezza di aver dato tutto. Per i Ducatisti, questo basta a diventare leggenda.
Come dicevamo, il 2003 andò via tranquillo. Sesso sfrenato con derapate e ruote fumanti ovunque. Poi arrivò il 2004, e qualcosa cambiò. La Desmosedici diventò burbera, anche troppo burbera. Il feeling iniziò a mancare e nonostante una passione infinita, Bayliss decise di andare a pescare in un'altra famiglia. Il passaggio alla Honda RCV targata Pons del 2005 fu un vero disastro. Tutto sommato era prevedibile. Troy era sempre andato fortissimo con le Ducati, forse di più in SBK e qualcosina in meno in MotoGP. Ma il comune denominatore di queste moto è sempre stato di essere nate a Borgo Panigale. Quando Bayliss salì sulla Honda, una gran moto ma pur sempre progettata e costruita in Giappone, qualcosa non funzionò da subito.
Troppo perfettina, troppo diversa da tutto ciò a cui era abituato. La crisi di questa coppia fu immediata e non si riuscì a risolverla in alcun modo. L'unica strada percorribile era quella della separazione, con i dubbi che in realtà si fosse in qualche modo anche spenta la scintilla del talento di Bayliss. In MotoGP, il campione della SBK 2001, aveva conquistato troppo poco. Forse l'età iniziava ad essere un problema, e non dipendeva dal partner meccanico ma semplicemente dal pilota.
Per fortuna, in Ducati decisero di chiamarlo in SBK, per riportare alla vittoria la 999. Ovvero una moto Rossa. Una moto con 2 cilindri. Una Ducati da SBK, cioè la sua preferita. Quando Troy saltò in sella alla 999, l'amore non fu immediato. La moto era molto diversa dal mito, quella 998 che gli aveva consentito di scalare il mondo ed affermarsi come campione. La 999 rappresentava uno step in avanti notevole. Meno chili, più cavalli e soprattutto tanta elettronica.
La prima tappa del campionato fu in Qatar, e due podi in seconda posizione sembravano poter essere un ottimo viatico per una stagione ricca di soddisfazioni, ma qualcuno iniziò subito a dire che ormai la stella era appannata, che vincere sarebbe stata un'impresa. Bla, bla e ancora bla. Le classiche critiche di chi vede due innamorati tornare assieme dopo qualche anno. Certo, sono stati separati ed ognuno ha fatto le sue esperienza. Ma sono tornati assieme, e la voglia che hanno l'una dell'altro è infinita.
La seconda tappa del campionato 2006 si corre a Phillip Island, ovvero il salotto di casa di Troy Bayliss. Una vera prova del nove, la consapevolezza che se Troy e la 999 vinceranno qui, potrà rinascere l'amore puro tra l'australiano e la sua Rossa da SBK. Le qualifiche furono un trionfo, con una pole conquistata davanti a Troy Corser, ovvero Mr Superpole in persona.
Poi lo start di Gara1 ed una cavalcata che sembrava avere un unico traguardo possibile: il primo gradino del podio. I primi sedici giri sembravano urlare esattamente questo: vittoria! Poi successe qualcosa, in particolare al terzo elemento del triangolo amoroso, ovvero le gomme. Le Pirelli iniziarono a perdere colpi, sotto le bordate di gas che Bayliss dava sul curvone prima del rettilineo. Le temperature alte fecero il resto, e gli ultimi cinque giri di quella Gara1 si trasformarono da potenziale passerella trionfale, a supplizio totale con le gomme sgretolate.
Bayliss iniziò a fare il gambero, fino ad una sesta posizione al traguardo alle spalle persino di Roberto Rolfo in sella alla Ducati privata del Team NCR di Stefano Caracchi. Un risultato che gridava vendetta, ed una vendetta che puntualmente arrivò.
Allo start di Gara2, la scelta delle gomme fu diversa. Anche la tattica di gara di Bayliss in sella alla 999 fu diversa, con l'australiano a seguire come un'ombra il battistrada James Toseland proprio per 16 giri, ovvero la distanza di gara corsa in testa nella prima frazione. Solo che questa volta, invece di cedere, dopo il 16° passaggio Bayliss e la sua Ducati Rossa da SBK iniziarono una danza infernale, andando a vincere di ben cinque secondi.
Una vittoria che scioglieva qualsiasi dubbio e che dimostrava quanto i protagonisti di questa storia avessero bisogno l'uno dell'altro. Troy Bayliss e la sua moto Rossa, una Ducati da SBK. Una coppia destinata a durare all'infinito e che nel 2018 tornerà in gara. Quando si parla di amore, si potrebbe portare ad esempio la loro storia. Lo definiremmo Desmoamore. Dante Alighieri non gradirà, ma il 100% dei Ducatisti si.
Alla fine di una stagione incredibile, vissuta da Re in SBK, Bayliss decise di tornare dalla cugina svampita per un'ultima volta, quella Desmosedici che nel frattempo era diventata più matura, più consapevole. Un'avventura di un week end, nella calda Valencia. Magari non è stato fedele al 100% alla sua Rossa da SBK, ma ne è valsa la pena!
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